Gusti e Piaceri 

IL TALEGGIO

Un formaggio, una storia          

Il Taleggio è un formaggio di origini antichissime, forse anteriori al X secolo. Documenti risalenti al 1200 fanno riferimento ai commerci e agli scambi di cui era oggetto il Taleggio, insieme ad altri formaggi. La zona d'origine è la Val Taleggio, da cui deriva il nome del formaggio, in provincia di Bergamo. I valligiani avendo l'esigenza di conservare il latte eccedente il consumo diretto, iniziarono a produrre del formaggio che, una volta stagionato in "grotte" o casere di vallata, poteva essere scambiato con altri prodotti o commercializzato.

Crescendo sempre più il consumo di Taleggio, la produzione si è progressivamente estesa nella pianura Padana, dove hanno cominciato ad operare molti caseifici, generalmente di piccole e medie dimensioni, i quali sono riusciti ad equilibrare la tecnologia produttiva tradizionale, mantenutasi sostanzialmente la medesima, con le innovazioni tecnologiche susseguitesi in quasi mille anni di storia.

Oggi la zona di produzione e di stagionatura del Taleggio è la Lombardia (nelle provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco , Lodi, Milano, Pavia), il Piemonte (provincia di Novara) e il Veneto (provincia di Treviso).

 

 

A riprova di tradizionalità, il Taleggio è stato riconosciuto formaggio DO (Denominazione di Origine) nel 1988 con decreto D.P.R. 15.9.1988, e formaggio DOP (Denominazione di Origine Protetta) nell'Unione Europea nel 1996 con Regolamento CE 1107/96.

Il Taleggio è, quindi, uno dei formaggi italiani le cui caratteristiche peculiari sono tutelate dall'Unione Europea, ed è per questo che l'approvvigionamento del latte, la produzione e la stagionatura devono avvenire esclusivamente nella zona indicata dalla legislazione italiana e comunitaria.

 

 

  

 

I CAVIADINI

CaviadiniI caviadini sono dei biscotti tradizionali della Valsassina. Sono dei biscotti di pasta frolla ricoperti di granella di zucchero legati da sempre alla tradizione gastronomica locale, che proprio per la loro semplicità, si preparano spesso.
Pur essendo secchi sono molto friabili e vengono confezionati nelle fogge più varie, da rombiodale, a delta, e al più tradizionale nodo.
Hanno dimensioni ampiamente variabili e comunque superiori ai biscotti normali, generalmente tra 5 e 8 centimetri di larghezza, che tuttavia sono accomunati dalla stessa ricetta.
I caviadini, sono caratterizzati da un sapore semplice dato dalla genuinità degli ingredienti con cui son fatti, da un colore bruno dorato e generalmente, essendo tagliati con rondella dentellata, da un bordo seghettato.

La leggenda narra che un signorotto di Baiedo ordinò al suo cuoco di preparargli dei biscotti nuovi e genuini. Dopo parecchie prove, con una ricetta da lui inventata, il cuoco riuscì a soddisfare il difficile e raffinato palato del suo padrone. Siccome aveva fatto da “cavia” per sperimentare il suo nuovo prodotto i biscotti furono chiamati “Caviadini”. 

FORMAGGIO & MIELE

 Il miele è il prodotto alimentare che le api producono dal nettare dei fiori o dalla melata (secrezioni zuccherine originate dall’intervento degli insetti parassiti) che raccolgono, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare. Il miele è un alimento glucidico ad elevato potere energetico. 100 grammi di prodotto forniscono 320 calorie contro le 400 di una analoga quantità di saccarosio. Essendo costituito prevalentemente di zuccheri semplici (glucosio e fruttosio) presenta una facile digeribilità. Il glucosio entra infatti direttamente in circolo e viene quindi utilizzato immediatamente mentre il fruttosio è consumato più lentamente garantendo un apporto energetico diluito nel tempo. E’ per questo motivo che viene consigliato nell’alimentazione dello sportivo, nell’alimentazione geriatrica e nella dieta dell’età scolare. Un’altra sua prerogativa è quella di avere un elevato potere dolcificante (superiore a quello del saccarosio) quindi a livello dietetico permette di realizzare un piccolo risparmio calorico. A causa del trascurabile contenuto in protidi, lipidi e vitamine il miele non è un alimento completo. Tra i suoi componenti minori il miele presenta anche sostanze alle quali vengono riconosciute proprietà benefiche. Il miele proveniente prevalentemente da un'unica specie botanica (monofloreale) potrà recare tale indicazione in etichetta ("miele di castagno", "miele di acacia", etc.); il miele proveniente da diverse specie botaniche potrà recare in etichetta l'indicazione "millefiori". Vediamo ora quali sono le principali denominazioni relative all'origine botanica.

 

 

 

 

LAVANDA

Cristallizzato finissimo pastoso

Ambra più o meno chiaro con riflessi giallognoli

Intenso aromatico, fresco

Caratteristico, fine, aromatico, leggermente vegetale

 

LEGUMINOSE (trifoglio, erba medica, lupinella, ginestrino)

Cristallizzato a granulazione fine, pastoso

Da bianco opaco ad ambra chiaro

Debole, leggermente floreale con qualche nota di fieno e/o di idrogeno solforato

Delicato, abbastanza neutro, a volte acidulo e leggermente piccante in gola

 

MELATA D'ABETE

Liquido raramente cristallizzato

Ambra scuro con riflessi rosso verdastri

Intenso, balsamico-resinoso

Forte, leggermente maltato, vellutato, balsamico-resinoso

 

MELATA DI LATIFOGLIE

Cristallizzato a granulazione fine, ritardata

Ambra-nocciola scuro opaco

Forte, penetrante, a volte pesante

Forte di vegetale fresco, caratteristico

 

ROSMARINO

Cristallizzato a granulazione medio fine

Bianco o ambra chiarissimo

Tenue ma caratteristico dei fiori di origine

Molto fine, delicato, debolmente aromatico

 

SULLA

Cristallizzato a granulazione fine, pastoso

Bianco cera o ambra chiarissimo opaco

Molto tenue, floreale, leggermente di fieno

Neutro, senza alcun retrogusto

 

TARASSACO

Cristallizzato a granulazione fine, compatto, adesivo

Giallo limone vivo spesso con sfumature grigiastre

Forte dei fiori, leggermente ureato, pungente

Forte, persistente, piccante in gola, lievemente ureato

 

TIGLIO

Cristallizzato a granulazione fine, pastoso, un po' adesivo

Da ambra giallognolo ad ambra scuro rossastro

Forte, caratteristico, leggermente mentolato

Balsamico, di mentolo, molto persistente

 

  

Consultando questa tavola si apre ai nostri occhi uno scenario di gusti e profumi veramente sconfinato, da qui in avanti i possibili abbinamenti diventano unicamente un parto della nostra fantasia e della nostra cultura gastronomica. Come già detto in altre occasioni il formaggio è un alimento praticamente privo di zuccheri ; gli zuccheri apportati dal miele trovano così il loro naturale alimento complementare, creando un equilibrio di gusto. Naturalmente affinchè il miele conservi intatte le sue proprietà naturali deve essere prodotto da apiari situati in aree la cui flora sia esente da trattamenti chimici ed il tasso di inquinamento sia minimo ; occorre inoltre che non venga sottoposto a pastorizzazione, poiché tale trattamento ne altera il contenuto vitaminico ed enzimatico. Solo così si può parlare di prodotto genuino, cioè di miele “Vergine” che mantiene non solo tutte le sue proprietà nutritive ma anche il gusto e l’aroma dei fiori e delle piante da cui le api mellifere hanno succhiato il nettare. Il più delle volte mi è capitato di vedere il classico abbinamento miele di acacia con formaggi piccanti quali per esempio il gorgonzola, ma sovente il miele di acacia viene presentato con formaggi dolci dove l’abbinamento è poco appropriato. L’uso indiscriminato del miele di acacia è dato dal fatto che si presenta sempre liquido e quindi facilmente gestibile a differenza di altri mieli normalmente cristallizzati e quindi allo stato solido. La cristallizzazione non è null’altro che il passaggio del miele dallo stato liquido a quello solido. E’ un fenomeno fisico del tutto naturale che avviene, generalmente a distanza di settimane o mesi dalla smielatura. Solo il miele di acacia dato il particolare rapporto glucosio-fruttosio, cristallizza raramente. Conviene pertanto nell’attimo che si preparano i vari formaggi per il servizio preparare anche i vari mieli da abbinare immergendo i barattoli a bagnomaria in acqua tiepida permettendo così la liquefazione di quei mieli normalmente cristallizzati. Esaminiamo ora alcuni criteri con cui effettuare degli abbinamenti. Il primo che ovviamente viene in mente è quello di abbinare un miele “dolce” ad un formaggio “piccante” oppure un miele “amaro” su un formaggio poco sapido (faremo ora degli abbinamenti usando formaggi italiani ma il concetto è ovviamente estendibile).

Ecco allora nascere il primo abbinamento dolce(miele)/piccante(formaggio) :

 

1a) Miele di Acacia con un formaggio erborinato es. Gorgonzola naturale (Piemonte). L’odore tenue e floreale dell’acacia dovrebbe bilanciare l’odore tipico di muschio e muffa del gorgonzola.

 

1b) Miele di Eucalipto con formaggi sapidi es. un Ragusano (Sicilia) sui quattro mesi di stagionatura. L’odore forte intenso dell’eucalipto dovrebbe bilanciare il profumo penetrante del Ragusano.

 

Il secondo abbinamento amaro(miele)/dolce(formaggio) :

 

2a) Miele di Castagno con formaggi a media stagionatura es. Caciotta (Toscana). L’odore molto intenso e balsamico del castagno dovrebbe reggere i venti giorni medi di stagionatura della caciotta, andare su un formaggio meno stagionato si corre il rischio che il miele sovrasti il cacio.

 

2b) Miele di Tarassaco con un formaggio ovino a media stagionatura es. Pecorino di Norcia (Umbria). Anche qui il profumo forte dei fiori un po’ pungente dovrebbe bilanciare questo formaggio sui trenta giorni di stagionatura con le sue note aromatiche tipiche già presenti.

 

Un altro criterio, meno sensoriale, ma più territoriale è quello di abbinare prodotti della stessa zona di origine, potremo così abbinare per esempio :

 

3a) Miele di agrumi con un Caciocavallo del Monaco (Campania) , che grazie al suo sapore decisamente piccante ed aromatico dovrebbe sopportare pienamente il profumo fresco e penetrante del miele e il suo sapore lievemente acidulo.

 

3b) Miele di Erica con un Puzzone di Moena (Trentino Alto Adige). Sicuramente il profumo persistente che ricorda l’anice farà da contrappeso al “puzzone” un po’ come accade per il pane scuro di questa zona che viene ricoperto di semi di finocchio e di cumino.

 

Sperando di non avervi annoiato con le mie lungaggini vi lascio con un mio ricordo affiorato in questo momento relativo ad una serata passata ad Arles in Provenza, luogo dove la lavanda fa da padrona e in quell’occasione mi fu servito miele di lavanda con un formaggio caprino locale dal gusto deciso. Ebbene sarà stata l’atmosfera particolare del momento ma il connubio fu decisamente felice.

 

ACACIA

Liquido trasparente

Da bianco acqua a giallo paglierino chiaro

Tenue floreale

Vellutato, di confetto, delicato, fine

 

AGRUMI

Cristallizzato a granulazione variabile

Bianco traslucido

Caratteristico del fiore di origine, fresco, penetrante

Caratteristico e delicato, lievemente acidulo

 

CASTAGNO

Liquido più o meno trasparente

Da ambra ad ambra scuro con tonalità rossastra

Molto intenso, floreale balsamico caratteristico

Forte, persistente, un po' tannico, retrogusto amaro

 

COLZA

Cristallizzato a granulazione fine, pastoso

Bianco grigiastro o ambra chiarissimo

Forte di idrogeno solforato (di cavoli)

Intenso, persistente, solforato

 

CORBEZZOLO

Liquido o cristallizzato a granulazione fine, cremoso

Ambra più o meno scuro con sfumature grigio verdastre

Abbastanza forte, fresco, caratteristico di vegetale

Intensamente amaro, persistente, fresco

 

ERICA

Cristallizzato a granulazione medio fine, per lo più denso

Ambra aranciato più o meno intenso

Floreale intenso caratteristico, fresco

Forte floreale che ricorda l'anice, persistente

 

EUCALIPTO

Cristallizzato fine, compatto, adesivo

Da ambra chiaro ad ambra con tonalità grigio-verdastre

Forte, caratteristico, pungente, intenso dei fiori

Maltato, di cotto, aromatico persistente (effetto "mou")

 

FRUTTIFERI (Prunus, Pirus, Malus)

Cristallizzato a granulazione fine, pastoso, fondente

Ambra chiaro grigiastro o rossiccio

Forte dei fiori di mandorle amare

Fresco, intenso, leggermente amaro, caratteristico

 

GIRASOLE

Cristallizzato a granulazione medio fine, compatto

Giallo dorato più o meno intenso, vivace

Leggero di vegetale che ricorda il polline fresco

Neutro, asciutto, caratteristico aroma di polline

    FORMAGGI & VINO

 

Formaggi freschi non salati

Vini bianchi, meglio se ricchi di glicerina o con residui zuccherini, dal profumoleggere, rotondi, mediamente freschi, leggermente caldi.

 

Formaggi freschi salati

Vini rossi non molto impegnativi, dal profumo leggero, moderatamente morbidi e moderatamente freschi, appena tannici, leggermente caldi.

 

Formaggi a pasta molle

Vini rossi di buon corpo e buona personalità, con dei profumi abbastanza intensi, moderatamente morbidi e moderatamente freschi, abbastanza tannici, leggermente caldi.

 

Formaggi a pasta dura non cotta

Vini rossi giovani, dal profumo tenue, moderatamente morbidi, discretamente freschi, appena tannici, leggermente caldi.

 

Formaggi a pasta dura cotta e poco stagionati

Vini rossi di buon corpo, dal profumo intenso, equilibrati, moderatamente sapidi, abbastanza tannici, abbastanza caldi.

 

Formaggi a pasta dura cotta, molto stagionati

Vini rossi di grande struttura ed invecchiati, dal profumo abbastanza intenso, molto equilibrati, sapidi, giustamente tannici e caldi.

 

Formaggi a pasta erborinata

Vini rossi di notevole gradazione e tannicità, dal profumo abbastanza intenso, abbastanza equilibrati, molto tannici, molto caldi

 

Formaggi caprini

Grandi vini rossi ricchi di profumi

 

Formaggi caprini giovani

Vini bianchi freschi e leggeri, dal profumo leggero, appena morbidi, giustamente freschi e caldi

 

Formaggi caprini stagionati Vini rossi invecchiati di grande struttura, dal profumo intenso, mediamente equilibrati e sapidi, abbastanza tannici, molto caldi.

Le Castagne della Valsassina

 

Il castagno europeo (Castanea sativa, Miller), in Italia più comunemente chiamato castagno, è un albero a foglie caduche appartenente alla famiglia delle Fagaceae. La specie è l'unica autoctona del genere Castanea presente in Europa, ma negli ultimi decenni è stato sovente introdotto, per motivi fitopatologici, il castagno giapponese (Castanea crenata). Le popolazioni presenti in Europa sono perciò principalmente riconducibili a semenzali di castagno europeo o a castagni europei innestati sul giapponese o a ibridi delle due specie

 

Il castagno è una pianta a portamento arboreo, con chioma espansa e rotondeggiante e altezza variabile, secondo le condizioni, dai 10 ai 30 metri.

In condizioni normali sviluppa un grosso fusto colonnare, con corteccia liscia, lucida, di colore grigio-brunastro. La corteccia dei rami è di colore bianco ed è cosparsa di lenticelle trasverse. Con il passare degli anni, la corteccia si screpola longitudinalmente.

Le foglie sono alterne, provviste di un breve picciolo e, alla base di questo, di due stipole oblunghe. La lamina è grande, lunga anche fino a 20-22 cm e larga fino a 10 cm, di forma lanceolata, acuminata all'apice e seghettata nel margine, con denti acuti e regolarmente dislocati. Le foglie giovani sono tomentose, ma a sviluppo completo sono glabre, lucide e di consistenza coriacea.

I fiori sono unisessuali, presenti sulla stessa pianta. I fiori maschili sono riuniti in piccoli glomeruli a loro volta formanti amenti eretti, lunghi 5-15 cm, emessi all'ascella delle foglie. Ogni fiore è di colore biancastro, provvisto di un perigonio suddiviso in 6 lobi e un androceo di 6-15 stami. I fiori femminili sono isolati o riuniti in gruppi di 2-3. Ogni gruppo è avvolto da un involucro di brattee detto cupola.

Il frutto è un achenio, comunemente chiamato castagna, con pericarpo di consistenza cuoiosa e di colore marrone, glabro e lucido all'esterno, tomentoso all'interno. La forma è più o meno globosa, con un lato appiattito, detto pancia, e uno convesso, detto dorso. Il polo apicale termina in un piccolo prolungamento frangiato, detto torcia, mentre il polo prossimale, detto ilo, si presenta leggermente appiattito e di colore grigiastro. Sul dorso sono presenti striature più o meno marcate, in particolare nelle varietà del gruppo dei marroni. Questi elementi morfologici sono importanti ai fini del riconoscimento varietale.

Gli acheni sono racchiusi, in numero di 1-3, all'interno di un involucro spinoso, comunemente chiamato riccio, derivato dall'accrescimento della cupola. A maturità, il riccio si apre dividendosi in quattro valve. Il seme è ricco di amido.

 

 

Il frutto è utilizzato da tempi antichissimi, come si è detto, per la produzione di farine. Questo impiego ha oggi un'importanza marginale e circoscritta alla produzione di dolci tipici, come il castagnaccio e il Panmorone. Ancora diffusa è invece la destinazione dei frutti di buon pregio al consumo diretto, concentrato nei mesi autunnali, e alla produzione industriale di confetture e marron glacé. Interesse del tutto marginale ha il possibile impiego dei frutti come alimento per gli animali domestici.

 

 

Per le sue prerogative, in quanto coltivato dall'antichità e secondo consuetudini locali, il castagno vanta un vasto patrimonio genetico costituito da varietà di interesse regionale, ottenute nel corso dei tempi propagando singoli cloni; spesso tipi ascrivibili alla stessa origine genetica hanno denominazioni differenti secondo la località. Le varietà più pregiate sono quelle atte alla canditura, usate per la produzione del marron glacé, e sono genericamente chiamate Marrone associandone il nome alla località di provenienza.

Contrariamente a quanto si pensa non tutte le varietà a frutto grosso rientrano nel gruppo dei marroni. Il marrone ha infatti le seguenti caratteristiche:

  • frutto di grossa pezzatura, in numero di uno per riccio;
  • facilità di sbucciatura del seme;
  • striatura della buccia;
  • sterilità dei fiori maschili;
  • bassa produttività.
 

Altre varietà, non comprese nel gruppo dei marroni, sono di pezzatura grossa e adatte alla canditura: sono tali la Montemarano o Castagna di Avellino, alcune varietà piemontesi (Castagna della Madonna, Marrubia), il marroncino di Melfi e un gruppo di varietà denominate genericamente Garrone.

Le varietà destinate all'essiccazione o all'estrazione di farina sono di importanza marginale e da tutelare per la conservazione del germoplasma in quanto contengono spesso particolari proprietà qualitative o fisiologiche. Fra le più famose è citata la toscana Carpinese o Montanina, varietà a frutto piccolo adatta alla produzione di farina.

I tipi adatti alla castanicoltura da legno sono stati invece selezionati da vecchie varietà da farina che presentavano particolari requisiti ai fini della selvicoltura: rapido accrescimento, regolarità dei fusti, limitata emissione di rami e grandi dimensioni. Questi requisiti sono infatti finalizzati ad ottenere, in tempi relativamente brevi, assortimenti mercantili di discrete dimensioni e di buona qualità tecnologica.

 

La corteccia e il legno del castagno sono ricchi di tannini e possono essere impiegate per la sua estrazione, destinata alle concerie. Questa destinazione d'uso, in Italia, ha riscosso un particolare interesse nei primi decenni del XX secolo, epoca in cui l'industria del tannino nazionale faceva largo impiego del castagno, ma dopo il 1940 ha perso importanza sia per la contrazione di questo settore sia per il ricorso, come materia prima, al legno di scarto

I Funghi della Valsassina

 

 

IL FUNGO

 

Delicati, profumati, preziosi e ricchi di gusto, i funghi sono una presenza molto gradita sulle nostre tavole, oggi come un tempo. Sono ricchi di vitamina D, indispensabile per l'assorbimento del calcio, e quasi tutte le vitamine del gruppo B, fondamentali per regolare le funzioni metaboliche; alcuni possiedono anche vitamina A, un prezioso antiossidante.

I funghi sono avarissimi di calorie. Un porcino, per esempio, ne conta circa 22 ogni 100 g.

Il porcino vice in simbiosi con le radici di conifere e latifoglie, crescendo da giugno a novembre. Ha gusto e profumo eccellenti e la sua polpa è soda e sostanziosa, adatta a numerosissime ricette.

 

"Porcino" è il nome popolare di alcune specie di funghi del genere Boletus, spesso attribuito, anche come denominazione merceologica, a quattro specie di boleti (la sezione Edules del genere Boletus) facenti capo al Boletus edulis ed aventi caratteristiche morfologiche e organolettiche vagamente simili.

Qualche micologo è arrivato a farne dodici specie diverse, discriminando a seconda degli ambienti di nascita, gli alberi simbionti, i caratteri microscopici e macroscopici (forma, colorazione e proporzioni del corpo fruttifero).

Ma le specie codificate dalla micologia corrente e che gli esperti sono in grado di riconoscere a prima vista per le loro caratteristiche esteriori chiaramente diverse, sono quattro:

  • Boletus edulis, Bulliard: Fries
    Nomi popolari: brisa, bastardo, fungo di macchia, moccicone, settembrino
  • Boletus aereus, Bulliard: Fries
    Nomi popolari: bronzino, fungo nero, fungo di scopa, moreccio, scopino, reale (Sardegna)
  • Boletus aestivalis (ex reticulatus), (Paulet) Fries
    Nomi popolari: ceppatello, estatino, fungo bianco, stataiolo
  • Boletus pinophilus (ex pinicola), Pilát & Dermek
    Nomi popolari: capo rosso, fungo da freddo, porcino dei pini.

Dai boschi di querce e di castagno della pianura, alle faggete e abetaie di alta montagna. Si tratta di funghi simbionti, gregari, che possono svilupparsi in gruppi di molti esemplari.

Gli antichi Romani chiamavano questi funghi Suillus per il loro aspetto generalmente tozzo e massiccio, ed il termine porcino ne è l'esatta traduzione. Possono raggiungere facilmente grandi dimensioni: non sono infrequenti ritrovamenti di esemplari di peso superiore a uno o due chilogrammi.